Quel che so di me


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Quel che so di me

Quel che so di me
È il mio arco di fuoco
La sua freccia spuntata
scagliata nel vuoto
È il mio occhio di vetro
Che confonde i colori
Mescolando ricordi
Con il profumo dei fiori
È la barba argentata
Che s’arruffa sul viso
Acquietando il rumore
D’un silente sorriso

Quel che so di me
Quel che so che son io
È il mio passo distratto
Che s’inciampa di suo
È la mia voce sgarbata
Che cerca un assolo
Ma cozza stonata
Nel timbro e nel suono
È il mio stare in attesa
Che una nuova bugia
Riarmi il presente
Di rinnovata utopia

Così quando la sera
S’avvolge nell’ombra
Quando anche il colore
È tetro nero di tomba
Incalza impaziente
La mia fantasia
Donando alla notte
Una nuova poesia
Spavalda o irruente
D’amore o ribelle
Da offrire alla luna
O cantare alle stelle

Quel che so di me
Quel che so che son io
È quel cirro di cielo
Che vorrei fosse il mio
Son due mani segnate
Dalle rughe del tempo
Pendenti da un corpo
Ogni giorno più lento
Son due scarpe spaiate
Che vorrebbero andare
A rovistare fra i tesori
Dei pirati del mare

Ma quando il silenzio
M’abbraccia perduto
Quando ogni vibrare
È un rantolo muto
Mi scopro indifeso
A mangiarmi il coraggio
Con quel niente che resta
Nel rubare un passaggio
E mentre m’invento
Una scordata stagione
Il mio treno si ferma
In quest’ultima stazione

Quel che so di me
Quel che so che son io
Quel niente mi basta
Quel niente son io









Carabule country: I senza storia