La Dama del Lago


Questo personaggio si può definire la protagonista non protagonista o la comparsa sempre presente. Sacerdotessa del tempio della Dea è celata dentro un riserbo impenetrabile. Il suo piccolo regno, praticamente solo il tempio alla Dea, si trova in una isoletta in mezzo al lago, ma non è facile scorgerla avvolta quasi sempre dalla nebbia e ancor meno raggiungerla, gli acquitrini che la circondano la rendono inaccessibile sia a piedi che in barca. C’è comunque un sentiero che se magicamente evocato, snodandosi nel fitto canneto, conduce al cancello del tempio.
La leggenda la vuole prigioniera del lago, rilegata sul fondo occultata dall’acqua limpida che si specchia al sole.
Il suo agire non è neutrale ma non è nemmeno alleata di questa o quella parte, quando si manifesta, in qualche modo si capovolge il destino del tempo, ovvero il bene ed il male che alternativamente primeggiano l’uno sull’altro.
La Dama del Lago consegnerà a Merlino la spada Excalibur, che poi Artù estrarrà dalla pietra dell’altare. La Dama del Lago è la custode il Graal che solo Parsifal riuscirà a raggiungere e riscattare. Ed è sempre la Dama del Lago che s’innamorerà e innamorerà l’anziano cuore di Merlino e che dopo averlo spogliato della sua magia, lo rinchiuderà in una tomba d’aria sospinta dal vento. Infine la Dama del Lago riprenderà Excalibur, la spada dei re, lanciatale da Parsifal dalla riva del lago eseguendo l’ultimo ordine di Artù.

Figura che vive fuori dal tempo, sempre al presente che se pur mutando non muta mai, sempre la stessa bella come la prima stella della sera e oscura come le ombre della notte, estranea dalle corti e dai palazzi degli uomini ma presente negli avvicendamenti che essi producono, pur non avendo magie da evocare, la magia non la può scalfire, la spada non la può ferire ma soprattutto la vita non la può invecchiare in quanto quella vita non la può vivere.
Se il giorno si apre con la speranza, la sera ci chiude nell’oblio e viceversa nella casualità sistematica di una formula irregolare, forse la leggenda la propone quale figura umana del destino che nel ciclo degli eventi non è ne la causa ne l’effetto bensì il pino dove questi avvenimenti si svolgono.




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La Dama del Lago

Nascosto nel verde d’una valle di abeti
Un limpido lago si specchia nel giorno
Per chi lo incontra severo nasconde
Un piccolo regno che vive sul fondo
L’altare alla dea, il braciere col fuoco
L’ultima magia di un culto scomparso
Riluce la luna sui quei folti capelli
Ricamo di seta sulle pieghe dei sogni

Il suo nome Viviana, la Dama del Lago
Tutto il sapere a Merlino ha rubato
Dentro un amore che cieco l’avvolse
Vortice di polvere, di gelo, di morte
Ma non c’è pietra che copra il sepolcro
Il rumore del vento rinchiude il suo corpo
In ogni respiro che fresco t’annega
Non sei certo migliore di Morgana la strega

Poi dentro la notte gonfia di stelle
Una folla di voci ti scuote la pelle
In questa visione che ti sfiora le dita
Ancora la peste che uccide la vita
Un gesto fraterno una coppa di vino
Ma dentro quel calice c’è solo veleno
Ti strappano le vesti ti senti ferita
Umile ancella nel tempio di Mitra

Un’eco lontana ricordo di mare
Il muto silenzio della nebbia che sale
Verranno a cercarti a rubarti le ore
Sperando che l’alba riporti il colore
Una lama d’argento l’odore del fieno
S’attorciglia sul ponte l’orizzonte di legno
La sua figura il suo dolce profumo
Ricorda una stella nel presto mattino










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