Un Principe


Quasi non si notava, tanto era immerso. Sprofondato. Ma se l’acqua lo aveva ingoiato, l’acqua lo riportava a galla e chissà quante volte lo aveva già fatto senza che nessuno se ne fosse mai accorto. Anch’io che passavo frequentemente da quelle parti, non l’avevo mai notato.
- Non si notano tante cose anche quando sono evidenti -
- Già... Tanto che non lo avevi notato -
- Nascosto com’era poi! -
- Già... Nascosto com’era -
- Non mi potevo di certo battere il petto. -
- No, di certo che no -
- Pensavo -
Dal suo punto di vista però, poteva sembrare scortese questa frettolosa indifferenza, questa superficiale posizione, questa noncuranza.
Il sentiero che percorrevo tornando a casa era tutto un pantano, tanto aveva piovuto quel giorno, e si snodava a ridosso dei campi e come una matita scura ne tracciava i contorni, poi si infilava sopra un ponticello e da sopra il dosso costeggiava il torrente gonfio e turbolento.
- Se non ti dai un po’ di importanza dopo un’abbondante pioggia a che scopo chiamarti torrente, darti un letto di sassi e pietre e argini alti rigogliosi di sterpi e canne. -
Andando avanti, il sentiero si perdeva dentro un fitto e selvatico intreccio di rami e rovi. Non ci si passava e da che mi ricordi, non ci sono mai passato.
- Certo che andare avanti senza poterci andare non ha un senso logico, quindi… -
- Alla logica alternativa del tornare indietro, rimane riattraversare il torrente e proseguire dall’altra parte. -
- Ma perché non tirare un dritto allora? Perché scavalcare il torrente con un ponticello se poi bisogna bagnarsi i piedi per ri-guadarlo? -
- Forse una ripicca di chi aveva chiuso il transito a tutti -
- Sarà -
Le stradine di campagna sono spesso di chi possiede anche i campi, non sempre c’è un obbligo o una servitù di passo. Tante di queste non arrivano mai da nessuna parte.
Però si può tornare indietro e proseguire seguendo la strada comunale, non sempre tagliando per i campi si accorcia. Ma noi non abbiamo bisogno di tornare indietro o di guadare il torrente bagnandoci i piedi, quello che aveva catturato il mio sgaurdo era lì dove finiva il sentiero.
Quasi non si notava, tanto era immerso. Sprofondato. Sembrava seduto.
- Ti ripeti qui?! -
- Sì! -
Era tutto ammaccato ma da come sembrava guardare il suo mondo, era nella posizione più prestigiosa. L’acqua dell’abbondante pioggia gli ricopriva limpida le scarpe e lambiva la punta di qualcosa che poteva essere una spada o il calcio di un moschetto. E da lì si estendeva infiltrandosi fra gli steli d’erba e l’orizzonte. Una pozza d’acqua grande quanto un lago: una pozza d’acqua per me, ma per lui un lago, un lago immerso nel verde, silenzioso ma increspato, profondo qualche centimetro ma sufficiente per potercisi annegare.
Un lago e lui il soldato e più su il castello e le vallate, le pietraie, le praterie e le paludi, tutto racchiudibile in un cassetto ma tutto tanto immenso e vasto, vasto quanto l’infinito.



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Un Principe

C’era una volta
Tanto tempo fa
Un’ombra nascosta
Fra gli sterpi d’una palude.

Nelle mani il sudore
Nel cuore un martello
Nella voce un sasso
E nel tempo il suo cammino.

L’alba è come un velo
Perduta fra le canne
Il sole ormai lontano
Si confonde tra le alghe.

Eppure lentamente
Confuso dal mistero
Un volto di cartone
Raccoglie il suo destino.

Un principe azzurro
Il suo cavallo bianco
La spada scintillante
Nuovi amori da bruciare.

Nei capelli arancione
Si consuma il desiderio
Dentro occhi di latta
Si ritorce la nostalgia.

Soffocato dalla pioggia
Calpestato sotto il fango
Trapassato dal tormento
Di una vita triste e vuota.

Un grido per l’agonia
Lo ha chiuso nel cassetto
La sua donna “Pane e Riso”
Lo ha gettato in un ricordo.

Forse non è vero
Forse è solo un giocattolo
Che un bimbo distratto
In un angolo ha perduto.

Se poi dovrà finire
Sarà in fondo ad uno stagno
Se poi dovrà morire
Sarà per gioco o per piacere.

Se poi dovrà finire
Sarà in fondo ad uno stagno
Se poi dovrà morire
Sarà per gioco o per piacere.










Carabule country: I senza storia