Piccole mani


A ridosso del sagrato di una chiesa, fra il campanile e la strada, l’erba di un prato, verde, ma stanca di essere calpestata, ospitava i clamori festanti di una sagra. Guardandomi in giro e sorseggiando quel denso impasto di suoni, voci, rumori, odori, aspettavo un amico che dentro a quella confusione, prestava il suo tempo come oste alla spina della birra.
Mentre ero ancora immerso in quel guardare, un gesticolare di braccia, richiamò la mia attenzione e il successivo saluto mi spinse in quella direzione ma, un altro gesticolare, e questa volta, decisamente più composto e preciso, si sovrappose. Meglio due amici di uno pensai, ma il secondo non lo conoscevo, ovvero: la seconda non la conoscevo.
Il solito sorriso allegro, la solita stretta di mano, il solito abbraccio, la solita risata che anticipava o precedeva il solito commento… Ma lei?
- Ciao. –
La risposta fu un volteggiare di mani, una melodia armonica di gesti coscienti e precisi.
Sorpreso ed incuriosito anch’io cominciai un gesticolare confuso, un groviglio insensato di… parole?
- Sa leggere le labbra, non devi fare il cretino! –
Mi gridò ormai riscomparso dietro il bancone e quando tornò con due birre fresche, con una pacca sulla spalla aggiunse:
– Portala a ballare... -
Poi prendendo un respiro di malavoglia
- Ora devo andare, la birra mi vuole! –
E sparì.
- Portarla a ballare? Ma se sono un ferro da stiro e neppure a vapore! –
- Portala a ballare, basta seguire il tempo. -
Questo per fortuna lo so fare discretamente, pensai, quando piove corro per non bagnarmi, quando c’è sole, non ho fretta ma, è meglio arrivare prima che dopo, e quando non so che tempo farà andante con sentimento.
La sua risata divertita, nel aver colto il mio bisbiglio ci gettò nell’arena.
- Io conto mentre ondeggiamo così come viene… 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, … -
Ma...
- Giovincelli… -
Ci riprese una voce dal palco
– Il valzer si conta in tre! –
- Quando siamo a 12 torniamo nuovamente in battuta. No?! -
- E se finiamo prima? –
- Aspetteremo la prossima! –
...
Ondeggiare con la birra però, si corre il rischio di lasciarne molta alle formiche, così, ondeggiando più decisi, abbandonammo il valzer.

Il seguito non fu ne storia ne leggenda. Ora non saprei nemmeno descriverla ma, l’unico ricordo che ho, di quel lontano pomeriggio, sono quelle sue piccole mani, quel crescente distinto, euritmico, composto, preciso, quel desiderio comunicativo disegnando parole: suoni a gesti spesso incomprensibili ma veri e vibranti.
Movimenti che danno alle parole la loro forma, e con questa anche la voce, quella voce di chi, come lei, voce non ha.




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Piccole mani

Piccole mani
Sembravano parole
Di un libro stampato
Con tante fatiche

E l’erba nel vento
Di nubi rumorose
Ascoltava un canto
Di frasi spezzate

Un volto dipinto
Un gesto mostrava
Il silenzio di un giorno
D’un volo scordato

Piccole mani
Due occhi ed uno sguardo
Una dolce parola che
Restando da sola, Fuggiva

E l’occhio scavato
Accarezzava
Soltanto quell’attimo
Una carta restava caduta sul mondo

Non era il rumore
E nemmeno il dolore
Di una vita fuggita
Ma due mani, un’auto impazzita

Piccole mani
Disegnavano parole
Che nessuno capiva
Ricordavano d’essere state

Piccole mani
Piccole mani
...
Piccole mani










Carabule country: I senza storia