Il Boia


La canzone: “Il Boia” e’ nata leggendo qua’ e la’ cenni storici del mio Friuli. Terra travagliata ed oppressa dalle varie monarchie o imperi, che inutilmente cercarono di imporre, usando soprattutto la forza repressiva, le loro identita’ politiche.
Il patibolo e la pena capitale sono sempre stati un ottimo deterrente per impedire tumulti e insurrezioni popolari tranne che in Friuli, dove, per la troppa miseria e le molteplici ingerenze straniere, questa fine non era poi cosi’ temuta.
Il boia era pertanto talmente richiesto che dovettero ricorrere ad assoldare gli stessi condannati a morte per svolgere questo alquanto macabro lavoro, in cambio del prolungamento della loro vita ma non dell’assoluzione della pena che veniva comunque eseguita al termine del mandato.
Considerando che quasi tutte le pene finivano sul patibolo, a volte anche su due forche nel caso dei ladri o degli ingiuri contro lo stato sovrano, la manodopera era reticente, questo dovuto soprattutto alla solidarieta’ fra i detenuti, anche se poi un apprendista si trovava sempre, fattore primario l’invivibilita’ delle celle…
Meglio una morte cruenta che una dolorosa agonia insomma, e questo era uno stimolo fin troppo convincente.
Questa nuova liberta’ veniva marchiata a fuoco, riconoscibile ad ogni ignaro passante, e garantiva l’incolumità; il boia non è mai stato una figura ben vista dalla popolazione ma uccidere il boia era prendere il suo posto.
Uno dei vantaggi era che tale stato gli permetteva di esercitare anche fuori dal confine territoriale così, con la notorietà, per i piu’ afferrati e crudeli s’aprivano le porte di una trasferta continua lungo tutto il Nord Italia per esaudire le numerose richieste.
Solo fama, niente alloro e nemmeno denaro dato che Il boia per questo lavoro non poteva ricevere compensi.
Il comune o il castello dove prestava l’opera primaria gli garantiva un alloggio fuori dalle mura e un pezzo di terra da cui ricavare il necessario per vivere, costretto suo malgrado a ingoiare tutte le maldicenze che la gente gli versava addosso.
Alla fine del mandato, come già detto, veniva impiccato dall’apprendista boia a cui aveva insegnato il mestiere.

Ho figurato un incontro tra un viandante ed un boia in trasferta, all’alba, in una radura della foresta, luogo al tempo malfamato, rifugio di tutti i ricercati, fossero essi assassini, ladri, maghi o streghe, delinquenti, contrabbandieri, truffatori o banditi di ogni genere.




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Il Boia

Alle spalle il tramonto
Ed in faccia la boscaglia
Rifugio per la notte
Ma covo di briganti
Per chi come viandante
E’ costretto ad attraversarla
Riponga sol nei piedi
L’unica speranza

Dal confine della contea
Sul sentiero veniva incontro
Passo svelto nelle gambe
Ed una corda appesa al collo
Un’ascia per mantello
E chiodi alla cintura
Strette in un coltello
Le pinze della tortura

Passo dopo passo
Scivola il sentiero
Mentre su ogni ramo
Si stende un velo nero
Il buio poi s’avvolge
Riaffiora la paura
Scivola fra le foglie
L’oblio d’una radura

L’alba li sorprese
Ancora dentro al sonno
Carnefice e viandante
Di fronte al nuovo giorno
- Se non sei bandito
Allora sei traditore
Marchiato come Giuda
Fuggi col tuo rancore –

Il sangue di quel bastardo
Scorre nelle mie vene
Ma libero ho i polsi
Dal morso dalle catene
Sul patibolo so stare
Per mano della legge
Quel che non recide
Con la corda appende

Sul corpo della vittima
Sfogo la mia rabbia
lacerando col coltello
Fra i denti della tenaglia
La carne così a brandelli
Gli strapperò dal corpo
E nell’inveir di folla
Gli spezzerò il collo

Finche il potere ha sete
Di sentenze capitali
Nel dispensar la morte
Non temo ormai rivali
Ma altra mano aspetta
Che il mestiere apprenda
Ed al palo della morte
Il mio collo appenda

Tarda è giunta l’ora
Lasciami passare
Perché quanto a reo
Sono un criminale
Laggiù qualcuno aspetta
Maledicendo la gioia
Che sopra quella forca
Ci sia io: il boia